L’Emigrato – aprile 1986 – n. 4

Manila, 17 febbraio 1986
Quando, due settimane fa, dopo circa otto ore di volo da Sydney a Manila, scesi la scaletta dell’aereo, non potei fare a meno di pensare a quanto accadde il 21 agosto ’83 in quello stesso aeroporto: Benigno «Ninoy» Aquino veniva assassinato proprio mentre, ritornando dall’esilio, scendeva la scaletta. Fu un modo bestiale per sopprimere il leader indiscusso dell’opposizione. Fiori e fiocchi gialli erano appesi ovunque per le strade di Manila. Riecheggiavano una vecchia canzone americana all’epoca del Vietnam: «Annoda un nastro giallo . alla quercia del giardino · così al mio ritorno · saprò che ancor mi vuoi,,. Da quel giorno il giallo è diventato il colore della protesta, il colore di Corazon Aquino (Cory per gli amici), la vedova presentatasi candidata alla presidenza in opposizione a Marcos. Andai anch’io ad ascoltarla 48 ore prima delle elezioni, eravamo più di un milione, una protesta coraggiosa, mentre il giallo sventolava ovunque e le mani alzate, lasciando distesi soltanto l’indice e il pollice, indicavano chiaramente una «L», la lettera iniziale della parola «Laban», che vuol dire lotta.