Vanessa Klinger e lo CSER: la mia esperienza in Italia
Vanessa Klinger è una delle giovani donne immigrate che, da due anni a questa parte, fa parte della realtà di CSER.
Dopo 7 anni di vita in Italia, arrivata con una valigia piena di sogni, progetti e obiettivi da raggiungere, quando avevo quasi perso quella speranza che ti fa continuare a lottare, quando avevo quasi dimenticato quella valigia lasciandola lì di lato, arriva una luce di speranza, grazie alla terapia psicologica. Con quest’ultima, realizzata con il progetto WASI con ASCS, ho ricominciato a superare le paure che mi bloccavano, ho ricominciato a credere in me stessa. Decido di reinventarmi, prendere la forza di rispolverare quella valigia, di ricordare che se puoi, vuoi.
Uno dei miei sogni era quello di continuare gli studi universitari in antropologia culturale che avevo iniziato nel mio Paese (Colombia), che mi appassiona molto e che mi fa sentire la donna che sono e che voglio essere. Continuare a studiare era uno dei miei progetti principali quando ho lasciato il mio Paese, per poter avere migliori possibilità di vita. Sapevo che la strada non sarebbe stata facile – anche sapendo che gli studi non garantiscono di avere un lavoro fisso – ma a causa della mancanza di risorse economiche non ho potuto iniziare prima a studiare in Italia. Vengo a conoscenza del progetto E-library on the move della Fondazione CSER, un progetto per donne migranti che mi permette di lavorare con un Istituto culturale è già un inizio! Qui ho scoperto l’opportunità di continuare a studiare un’altra carriera affine, le scienze sociali all’Università Angelicum. Una borsa di studio per stranieri che mi poteva permettere di laurearmi. Decido di provare, ricominciare ad affrontare le sfide è una delle capacità che la terapia mi ha aiutato a tirare fuori. Credo che decidere di prendere le redini della mia vita mi abbia aperto la strada a nuove sfide per poterle affrontare e capire di essere capace di costruire ciò che desidero. Attualmente sono al mio secondo progetto con la Fondazione CSER. Questi progetti hanno contribuito a farmi conoscere nuove persone, a stare in un ambiente accademico e scientifico inclusivo senza giudizi e stereotipi sociali. Ed è proprio questa l’opportunità che mi è stata data e in cui sto lavorando. Non solo, ho completato con profitto gli esami del mio primo anno di università! Ora ho un nuovo sogno: arrivare a poter aiutare altre persone che, come me, che si trovano nella stessa situazione, in modo che possano migliorare le loro conoscenze, portando a termine progetti di inclusione sociale e di orientamento, perché molte volte quando si arriva in un posto nuovo c’è una limitazione linguistica, ma anche psicologica e sociale, che ti blocca.
La salute mentale come problema di salute pubblica
Questa situazione mi ha portato a ragionare sulla poca importanza che fino ad oggi viene data al tema della salute mentale, tenendo conto che questa situazione dovrebbe essere considerata un problema di salute pubblica. Nonostante ci siano progetti che in qualche modo cercano di mitigare questo problema, ci sono ancora molti stigmi e pregiudizi sulle visite psicologiche. Infatti, sono molte le persone che vedono questo tema come un tabù. Quindi, la popolazione dovrebbe essere sensibilizzata prima di tutto a perdere la paura di aprirsi con uno psicologo. E capire che è importante quanto la salute fisica, tenendo conto che il cervello è parte del nostro corpo. Proprio lui dirige tutte le nostre funzioni e, se non sta bene, difficilmente possiamo stare bene fisicamente. In questo senso mi piacerebbe poter lavorare in futuro come sociologa, in progetti che mirano proprio a lavorare per la salute mentale, ampliando le mie conoscenze e creando un gruppo funzionale con altri esperti in materia, soprattutto nella popolazione migrante che ha questo grande problema di blocchi mentali e sociali, perché non viene accettato completamente, perché non si sente parte di questa società in cui arriva. In questo modo, si potrebbe arrivare a capire che l’inclusione va oltre l’apprendimento di una lingua. E che va anche oltre un lavoro, un documento burocratico che ti permette di farlo ma sentirsi cittadino di qualsiasi paese. Serve un’inclusione integrale che include l’aiuto psicologico e questo sarà uno degli obiettivi su cui mi concentrerò.
Vanessa Klinger